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Violino Cristiano Gualco
Violino Paolo Andreoli
Viola Simone Gramaglia
Violoncello Giovanni Scaglione
Programma
Nimrod Borenstein
Cieli d’Italia opus 88
Camille Saint-Saëns
Quartetto per archi n.1 in mi minore op.112
Allegro, Scherzo. Molto allegro quasi presto, Molto adagio, Allegro non troppo
Giuseppe Verdi
Quartetto in mi minore
Allegro, Andantino, Prestissimo, Scherzo Fuga
Note di sala
Nimrod Borenstein, Cieli d’Italia opus 88
Cieli d’Italia è stato commissionato a Nimrod Borenstein dal Quartetto di Cremona ed è incluso nel loro ultimo album (Italian Postcards), dedicato a compositori stranieri che hanno scritto musica ispirati dall’Italia. Borenstein (classe 1969) è un autore israelobritannico molto quotato e eseguito in tutto il mondo.
La prima italiana di Cieli d’Italia è stata ad ottobre 2020 a Torino.
“Nella mia personale cartina geografia del mondo l’Italia è uno dei luoghi del cuore: amo ascoltare il suono inconfondibile delle conversazioni in italiano tra mia moglie e nostra figlia, il risotto è uno dei miei piatti preferiti e molti dei miei ricordi più cari sono legati al Bel Paese. Ho quindi accolto con grande entusiasmo la proposta del Quartetto di Cremona, un ensemble con cui fin dalla nostra prima collaborazione è scattato un colpo di fulmine, di scrivere un brano dedicato all’Italia per l’album del loro ventennale.
Pur durando solo sette minuti, Cieli d’Italia è un brano intenso che dà la sensazione di avere proporzioni ben maggiori: al suo interno si trovano molti contrasti che con il loro continuo e spesso imprevedibile mutare contribuiscono a rendere il brano interessante e a definirne la struttura. Si passa da momenti di etera pace e bellezza ad episodi di lotta e disperazione, con interludi giocosi e momenti più introspettivi e melanconici. La mia musica è ricca di melodie che si sovrappongono le une alle altre in un complesso contrappunto ritmico. In tal modo riesco a creare una stratificazione di sentimenti contrastanti che si manifestano in modo simultaneo invece di seguire la tradizionale costruzione cronologica di contrasti.
Nello scrivere musica una delle cose più importanti per me è creare dei momenti di sospensione, quella sensazione magica di librarsi nell’aria, come quando la bicicletta continua ad andare senza bisogno di pedalare…”
Nimrod Borenstein
Camille Saint-Saëns, Quartetto per archi n.1 in mi minore op.112
Ammirato musicista, eccellente concertista, stimato docente, in qualità di compositore Camille Saint-Saëns si dedicò a quasi tutti i generi musicali, prediligendo quelli strumentali. Proprio ai fini di una maggiore diffusione della produzione strumentale e cameristica francese, sull’esempio della tradizione austro-germanica e in contrasto con lo “strapotere” del melodramma, nel 1871 Saint-Saëns fondò con alcuni amici e colleghi musicisti (tra cui César Franck, Edouard Lalo e Gabriel Fauré) la Société Nationale de Musique, contribuendo ad un decisivo rinnovamento dell’ambiente artistico-musicale francese. La sua lunga ed intensa attività artistica, iniziata fin dalla prima infanzia quale autentico enfant prodige, si concluse solo in tarda età con la morte avvenuta nel 1921. I solenni funerali si tennero poi presso la chiesa de La Madeleine a Parigi di cui era stato l’organista per oltre venti anni.
Da Haydn in poi, il quartetto per archi è considerato il genere cameristico per eccellenza, banco di prova per ogni compositore: ciascun autore ha approcciato questa forma musicale seguendo la propria inclinazione personale, secondo “i propri tempi”. In ciò non differisce Saint-Saëns che, pur strenuo sostenitore della musica da camera ed autore di mirabili composizioni cameristiche, scrisse il suo primo quartetto per archi solo a 64 anni, quasi avesse fino ad allora avvertito una sorta di “timore reverenziale” nei confronti del genere. Musicista acuto ed intelligente, sapeva tuttavia di non potersi esimere da questa ulteriore dimostrazione della sua arte, come egli stesso confidò all’editore August Durand: «Se non avessi fatto questo quartetto, gli scrittori di estetica avrebbero tratto da questa lacuna un mucchio di deduzioni, avrebbero scoperto nella mia natura il perché non ne avessi scritto e come fossi incapace di scriverne!». Nacque cosı̀ il Quartetto in mi minore n.1 op.12, dedicato al violinista Eugène Ysaÿe che indubbiamente ebbe una certa influenza sulla scrittura della parte destinata al primo violino, a cui viene spesso affidato un ruolo concertante e virtuosistico. Pur all’interno di una struttura unitaria e con ampi riferimenti alla forma classica del quartetto per archi, il Quartetto n.1 di Saint-Saëns presenta anche molte caratteristiche di innovatività, come ad esempio l’”inversione” tra secondo e terzo movimento, ovvero tra tempo lento e scherzo, del tutto funzionale però ad uno sviluppo complessivamente organico del brano.
Il Quartetto si apre con due note tenute che creano un clima di sospensione funzionale alla presentazione del tema principale (affidato al primo violino) del corposo ed ansimante Allegro iniziale, da cui derivano una serie di idee motiviche secondarie, fino all’apparizione di un secondo tema, presentato in prima istanza dall’avvolgente voce del violoncello. I due temi e le cellule motiviche secondarie vengono poi continuamente rielaborati, in un sussiego di variazioni armoniche e ritmiche fino all’espressiva e perentoria coda che conclude il movimento. Lo Scherzo successivo intensifica il clima affannoso udito in precedenza con un motivo sincopato che coinvolge progressivamente tutti e quattro gli strumenti; dopo il Trio centrale, concepito sotto forma di elaborato fugato, il movimento si chiude con la riproposizione del tema sincopato d’apertura. Se lo Scherzo anticipato può essere considerato una sorta di prosecuzione dell’Allegro iniziale, la posizione posticipata del movimento lento assume la funzione di momentanea distensione all’interno del brano e di preparazione al finale. Nel delicato e intenso Molto adagio le voci dei quattro strumenti emergono in un canto espressivamente flessuoso, ma è soprattutto il primo violino ad assumere un vero e proprio ruolo concertante, con una scrittura elaborata e virtuosistica in una crescente ascesa alle note più acute (qui Saint-Saëns aveva certamente in mente le abilità strumentali di Ysaÿe). Questa sorta di “pausa” cantabile, conclusa in pianissimo, sembra voler accrescere lo slancio del tumultuoso movimento finale, strutturato nella forma di un rondò con un tema ritornello e tre couplets (episodi musicali alternati al ritornello) in un percorso ritmico-melodico ricco di contrasti e sempre più animato. Per la conclusione del brano Saint-Saëns ricorre un’ultima volta all’espediente della “quiete prima della tempesta”: dopo una pausa con corona, prende avvio una coda dal ritmo incalzante che chiude il brano con un fragoroso crescendo.
Giuseppe Verdi, Quartetto in mi minore
Il termine quartetto associato alla persona di Giuseppe Verdi potrebbe, in prima istanza, far pensare ad uno dei molti e celebri momenti a quattro voci compresi nelle opere liriche del compositore di Busseto. Tuttavia, è pur vero che anche il maggior operista italiano si sia cimentato nella composizione della forma cameristica per eccellenza, confermando le proprie doti di straordinario musicista anche in un genere più raccolto e unicamente strumentale. E forse uno dei motivi che hanno portato a far dimenticare il Verdi camerista è che lo stesso autore non dava particolare peso a questa sua composizione: costretto a fermarsi lungamente a Napoli nell’inverno 1872-1873, in attesa del debutto al Teatro San Carlo di due sue opere, «nelle molte ore d’ozio», come ci racconta l’autore stesso, Verdi scrisse «senza importanza» il Quartetto in Mi per archi e «del pari senza importanza venne eseguito una sera» presso l’Albergo delle Crocelle dove il maestro soggiornava. In questo unicum verdiano si possono tuttavia notare un’innegabile assimilazione del modello quartettistico di scuola tedesca, testimoniata anche dalla difficoltà tecnica del brano, abbinata ad idee melodiche di provenienza lirica, con molti rimandi ad opere già scritte ed alcune anticipazioni sul futuro. Ad esempio, nell’Allegro iniziale, vi sono non poche assonanze con alcune pagine di Aida (una delle opere di cui Verdi attendeva la messa in scena napoletana), con un primo tema insistentemente drammatico ed un secondo più dolce e più rilassato, che si alternano e si sviluppano in un contesto contrappuntistico magistralmente strutturato fino alla chiusa in fortissimo. Il movimento lento è un Andantino dall’andamento cadenzato e quasi danzante, marcato con eleganza, e dall’atmosfera malinconica, a cui fanno da contrasto alcuni brevi frasi più espansive e vigorose affidate alternativamente ai quattro strumenti, prima della ripresa conclusiva della struggente melodia iniziale. Verdi non smentisce la propria anima di operista nel terzo movimento (tripartito): echi ritmici ed armonici riconducibili a Trovatore e Traviata sono il materiale delle due sezioni estreme del Prestissimo, caratterizzato dall’energia delle veloci note staccate e dalla veemenza di quelle ribattute; la sezione centrale è, invece, inequivocabilmente lirica, con il violoncello solo che sembra cantare una romanza, accompagnato dal pizzicato degli altri strumenti. L’ultimo movimento, al contrario, è quello che rivela, una volta di più, la sapienza compositiva di Verdi e la sua abilità nell’utilizzo della tecnica contrappuntistica: una fuga in pianissimo leggero, innegabile anticipazione del finale di Falstaff, che va sempre più in crescendo con un’esuberanza ed un’ironia caratteristiche dell’ultima opera del Cigno di Busseto. Dopo una serie di sviluppi del tema principale ed alcuni incisi più drammatici, Verdi ci conduce al Poco più presto della coda finale che conclude il brano in un’atmosfera esultante.
Vittoria Fontana
Quartetto di Cremona
Fin dalla propria fondazione nel 2000, il Quartetto di Cremona si è affermato come una delle realtà cameristiche più interessanti a livello internazionale ed è regolarmente invitato a esibirsi nei principali festival e rassegne musicali in Europa, Sudamerica, Stati Uniti e in Estremo Oriente, riscuotendo unanimi consensi di pubblico e critica.
Dopo aver ricevuto il “BBT Fellowship” nel 2005, al Quartetto di Cremona è stato assegnato il “Franco Buitoni Award 2019” da parte del Borletti Buitoni Trust, per il costante contributo alla promozione e alla diffusione della musica da camera in Italia e nel mondo.
Nel 2020 il Quartetto di Cremona festeggia i suoi primi vent’anni di carriera, un traguardo di grande rilevanza per un ensemble italiano e per il quale sono stati ideati progetti concertistici e discografici di alto livello, sviluppati nel corso di stagioni consecutive. Tra gli altri, l’esecuzione dell’integrale dei quartetti di Beethoven, un tour con “L’arte della fuga” di Bach, nuovi progetti discografici, brani composti espressamente per il Quartetto.
Nella stagione 20/21 l’ensemble tornerà ad esibirsi a Ginevra, a Londra (Wigmore Hall) e terrà diversi concerti in Germania, Scandinavia, Olanda, oltre che presso le maggiori società concertistiche italiane. Inoltre, farà il proprio debutto alla Carnegie Hall di New York e al Rudolfinum di Praga.
Numerose anche le collaborazioni con artisti del livello di Angela Hewitt, Eckart Runge, Quartetto Emerson, Alessandro Carbonare.
In campo discografico, nel 2018 si è conclusa la pubblicazione dell’integrale dei Quartetti di Beethoven (Audite): gli otto volumi hanno ottenuto prestigiosi premi discografici (tra cui Echo Klassik 2017 e ICMA 2018) ed importanti riconoscimenti dalla critica specializzata. Nella primavera 2019, con la partecipazione del violoncellista Eckart Runge, è uscito un doppio CD dedicato a Schubert, accolto in maniera entusiastica dalla critica internazionale. Nell’autunno 2020 è prevista l’uscita di un nuovo disco, dal titolo Italian Postcards che comprende brani di Mozart, Wolf, Čajkovskij e una nuova composizione di Nimrod Borenstein.
Dall’autunno 2011 l’ensemble è titolare della cattedra del “Corso di Alto Perfezionamento per Quartetto d’Archi” presso l’Accademia Walter Stauffer di Cremona. Particolarmente attento alla formazione e al sostegno dei giovani musicisti, il Quartetto di Cremona è regolarmente invitato a tenere masterclass in Europa, Nord e Sud America, Asia ed è tra i partner de “Le Dimore del Quartetto”.
L’ensemble è anche testimonial per Thomastik Infeld Strings e del progetto internazionale “Friends of Stradivari”, grazie al quale è stato il primo quartetto italiano a suonare per un tempo prolungato il “Paganini Quartet” di Antonio Stradivari, in prestito dalla Nippon Music Foundation (Tokio). Nel novembre 2015 il Quartetto è stato insignito della cittadinanza onoraria della Città di Cremona.
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