Lorenzo Nguyen
pianoforte
Edoardo Grieco
violino
Francesco Massimino
violoncello
Franz Joseph Haydn (1732 – 1809)
Trio in do maggiore op. 86 n. 1 Hob:XV:27
per pianoforte, violino e violoncello
Allegro
Andante
Finale. Presto
Dmitri Shostakovich (1906 – 1975)
Trio per pianoforte n. 1 in do minore op. 8
Andante
Allegro
Moderato
Allegro
Ludwig van Beethoven (1770 – 1827)
Trio per archi e pianoforte n. 5 in re maggiore op. 70 n. 1 (I fantasmi)
Allegro vivace e con brio
Largo assai
Presto
Note di sala
Franz Joseph Haydn
Trio in do maggiore op. 86 n. 1 Hob:XV:27
Nel catalogo cameristico di Franz Joseph Haydn il genere del Trio per pianoforte, violino e violoncello è quantitativamente presente con oltre trenta numeri d’opera; si tratta di composizioni, che sebbene coprano complessivamente un arco di circa un trentennio, risalgono per la maggior parte al periodo fra il 1784 e il 1796 e appartengono dunque alla produzione matura dell’autore; tuttavia sarebbe errato aspettarsi da esse quella scrittura di ricercato equilibrio che già da alcuni anni Haydn perseguiva nell’ambito di altri generi compositivi, primo fra tutti il quartetto per archi.
Alla fine del XVIII secolo, infatti, il genere del Trio con pianoforte era considerato – come, più in generale, tutte le composizioni cameristiche con pianoforte – meno impegnativo dei lavori per soli archi (e in particolare del Quartetto), essendo destinato principalmente ai cosiddetti “Liebhaber”, gli esecutori dilettanti; a tale destinazione risale il carattere perlopiù disimpegnato di queste opere (che non superavano i tre movimenti e non di rado ne comprendevano solamente due), come anche la preminenza assoluta riservata da esse al pianoforte, strumento di rapide soddisfazioni e quindi prediletto dall’emergente ceto borghese.
I Trii con pianoforte di Haydn si configurano dunque come “Sonate per pianoforte con accompagnamento di violino e violoncello” (come recita il frontespizio della prima edizione a stampa del Trio H.XV,27), nelle quali il violino ha una contenuta funzione melodica, mentre il violoncello si limita quasi sempre al semplice raddoppio della linea del basso pianistico. Questo stato di cose ha portato talvolta a considerare questi brani haydniani con una certa sufficienza e a lamentare il loro “conservatorismo” rispetto, ad esempio, ai Trii di Mozart, dove il violoncello è frequentemente emancipato dalla funzione di sostegno dell’armonia. Simili critiche, tuttavia, non sembrano tener conto che i limiti di queste composizioni sono impliciti nella loro stessa destinazione.
Al contrario, il maggior merito dei Trii di Haydn consiste proprio nella loro perfetta aderenza a quel puro piacere di far musica che era l’esigenza prima dei “Liebhaber”; non a caso nel Trio in do maggiore le godibili e calibrate linee melodiche del violino e violoncello arricchiscono con grazia una scrittura pianistica che si distingue per brillantezza ed esuberanza assai più di quanto non avvenga nelle sonate per pianoforte solo, con un virtuosismo che impegna non poco l’interprete, soprattutto nei complessi passaggi di ottave. L’opera, composta nel 1796, dopo il secondo trionfale viaggio di Haydn a Londra, e pubblicata l’anno seguente, si articola in tre movimenti: un Allegro in cui un materiale tematico e ritmico debordante viene classicamente composto nella forma-sonata; un Andante che contrappone al pregnante lirismo iniziale una agitata sezione in minore; un rondò finale che, con il suo tema di scattante giocosità, esprime la migliore vena umoristica e gioviale dell’autore.
Dmitri Shostakovich
Trio per pianoforte n. 1 in do minore op. 8
Il Trio per violino, violoncello e pianoforte n. 1 op. 8 venne composto da Shostakovich nel 1923. Strutturato in un solo movimento, presenta una continua alternanza di sezioni con andamento agogico diverso in una sorta di piccola forma ciclica. L’Andante introduttivo si apre con un motivo discendente dal carattere doloroso, esposto dal violoncello e ripreso in imitazione da violino e pianoforte; una sezione ritmicamente più vivace, Molto più mosso, introduce ampi intervalli melodici (pianoforte, poi violino) e aspre dissonanze. Una ripresa variata dell’Andante precede l’Allegro, appassionato e romantico nel suo tema principale esposto dal violoncello, poi dai due archi insieme e infine dal pianoforte con accordi ampi a due mani. Il movimento accelera ulteriormente con la sezione. Più mosso, una sorta di velocissimo moto perpetuo affidato al violino sostenuto ritmicamente dal pianoforte. Cuore emotivo della composizione è il tema di ninna nanna esposto dal violoncello sopra i delicati accordi del pianoforte a tutta tastiera. Lo stesso tema viene poi ripreso dal violino. Il ritorno del tema dell’Allegro, che circola fra i tre strumenti animandosi poco a poco, precede un nuovo motivo, dall’eroismo quasi disperato, affidato alla mano sinistra del pianista, che si erge sopra un ostinato di semicrome (mano destra del pianista). Poi è un continuo alternarsi di temi e motivi già uditi: il tema appassionato (violino nel registro grave, poi violoncello), il moto perpetuo, il tema introduttivo, affidato ora al violino sopra i delicati accordi del pianoforte, e il motivo di ninna nanna. La sezione conclusiva utilizza il tema appassionato in combinazione col moto perpetuo in un crescendo emotivo che culmina nella perorazione del tema di ninna nanna, esposto dai tre strumenti (più che fortissimo). Nella cadenza finale riappare fugace il motivo del moto perpetuo.
Ludwig van Beethoven
Trio per archi e pianoforte n. 5 in re maggiore op. 70 n. 1 (I fantasmi)
Composto nel 1808, un anno produttivamente eccezionale che vide il completamento della Quinta e della Sesta Sinfonia, il Trio in re maggiore op. 70 n. 1 venne eseguito per la prima volta nella casa della contessa Marie Erdòdy, dedicataria dell’intera op. 70 (che comprende due Trii, il n. 1 in re maggiore e il n. 2 in mi bemolle maggiore). Il titolo “degli spettri”, che indica questo Trio, si spiega probabilmente con la presenza di alcuni abbozzi del secondo movimento in un quaderno, di appunti insieme ad altri – sempre in re minore – di una progettata opera sul Macbeth di Shakespeare.
L’apertura dell’Allegro vivace e con brio è compressa in maniera inusuale: la sua compattezza è evidente già dalle battute iniziali in cui i due temi principali sono introdotti uno di seguito all’altro. Il contrasto abituale tra la prima idea (robusta e marziale) e la seconda (più cantabile) assume, così, una valenza espressiva accentuata, che rende esemplare l’avvio di questo Trio. Beethoven ha raggiunto, oramai, una perfetta uguaglianza di peso tra gli strumenti e, nello sviluppo, il gioco contrappuntistico diviene il principale fulcro espressivo.
L’andamento estremamente lento del Largo assai ed espressivo è accentuato dall’ingresso dei due archi all’ottava con note lunghe, a cui risponde il pianoforte con accordi ribattuti sottovoce. La funzione del pianoforte, in questo Largo, è quella di creare una sorta di fascia sonora attraverso una serie infinita di variazioni del tremolo su tutta l’ampiezza della tastiera.
Il Presto finale ci riporta all’aspetto solare del primo tempo, con un tema particolarmente incisivo e originale; di grande e studiata efficacia, infatti, l’accostamento tra lo slancio ritmico delle prime tre misure e la lunga corona sulla quarta. Il gioco dell’avvio precipitoso seguito dal brusco arresto provoca una forte tensione ritmica che esplode travolgendo gli strumenti in un continuo rincorrersi di scale, arpeggi e frammenti tematici.
Trio Chagall
Il trio si è recentemente distinto nel panorama musicale grazie alla vittoria del secondo premio (con primo premio non assegnato) alla ventesima edizione del Premio “Trio di Trieste”, dove ha conquistato anche i premi speciali “Dario de Rosa” per la migliore esecuzione di un brano di Schumann, “Fernanda Selvaggio” come miglior Trio e “Young Award” come ensemble finalista più promettente. Con soli vent’anni di età media il Trio Chagall è risultato inoltre il più giovane ensemble da camera ad essere stato premiato nella storia della manifestazione.
Questi sono solo gli ultimi di una serie successi che il Trio Chagall ha già ottenuto, tra i quali si segnalano la vittoria nella categoria “musica da camera” ad Amadeus Factory (2018) – il primo talent dedicato ai giovani artisti dei Conservatori italiani – e l’affermazione al Concorso
Strumentistico Nazionale “Città di Giussano” (2019), dove si è aggiudicato il primo premio assoluto, il premio speciale “Il Progresso” e il premio “Città di Giussano” dedicato ai migliori concorrenti di tutte le categorie. Dal giugno 2019 partecipa al progetto Le Dimore del Quartetto.
Il Trio Chagall è stato fondato nel 2013 da Edoardo Grieco (violino), Francesco Massimino (violoncello) e Lorenzo Nguyen (pianoforte) presso il Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Torino. Il nome Chagall vuol essere un omaggio al celebre pittore, da sempre fonte di grande ispirazione per il Trio e ammirato per i suoi legami con la musica e per la forza espressiva nell’uso del colore.
Attualmente il Trio Chagall prosegue gli studi con Antonio Valentino e il Trio Debussy e frequenta il Master di alto perfezionamento in musica da camera con il Trio di Parma e Pierpaolo Maurizzi. La formazione riceve inoltre preziosi consigli da Marco Zuccarini, Amiram Ganz e Christian Schuster dell’Altenberg Trio Wien e da Bruno Giuranna (Trio Italiano d’Archi), con il quale nel 2017 ha eseguito in concerto il Quartetto per pianoforte K. 493 di Mozart. Dal 2020 il Trio è supportato dalla Fondazione De Sono nel perfezionamento dei propri studi.
Il Trio Chagall è impegnato in un’intensa attività concertistica che l’ha visto esibirsi in sedi prestigiose (Musei Vaticani, Teatro dal Verme e Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, Teatro Giuseppe Verdi di Trieste, Sala Sassu di Sassari) e come ospite di autorevoli istituzioni, tra le quali l’Unione Musicale di Torino, Bologna Festival, la Società del Quartetto di Milano, l’Accademia Chigiana di Siena, l’ACM – Chamber Music di Trieste, la Società Umanitaria di Milano.
Introduzione a cura di Oreste Bossini
Giornalista e scrittore, collabora con Rai Radio3 e con numerose istituzioni musicali come il Teatro alla Scala, il Teatro La Fenice di Venezia, la Fondazione del Maggio Musicale fiorentino, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, la Società del Quartetto di Milano. Ha partecipato con numerose voci al Dizionario dell’Opera a cura di Piero Gelli. Tra i suoi libri figurano Milano, laboratorio musicale del Novecento (Archinto, 2009), Karlheinz Stockhausen. Lettere a Ralph (Archinto, 2013), La musica borghese. Milano e la Società del Quartetto (Archinto, 2014), Il cammino del Wanderer in Claudio Abbado. Ascoltare il silenzio (Il Saggiatore, 2015) «Abbasso il Tango e Parsifal!» Wagner in Italia 1914-19145, a cura di Pier Carlo Bontempelli e Oreste Bossini (Istituto Italiano di Studi Germanici, 2019). Fa parte del Consiglio d’amministrazione della Fondazione Claudio Abbado.
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