La direttrice artistica Anna Leonardi ci parla del tema di quest’anno: la Metamorfosi, ispirato a Kafka e ai grandi classici, con l’Orchestra Filarmonica Vittorio Calamani come ospite residente.
“Metamorfosi è quest’anno la chiave dell’Orvieto Festival: la forza del cambiamento, l’evoluzione dell’arte, l’essenza del nostro essere”.
Dal 5 al 15 settembre, l’Orvieto Festival della Piana del Cavaliere giunge alla sua VIII edizione. Anna Leonardi, direttrice artistica dell’evento, ci guida alla scoperta della sua mission: arricchire il panorama culturale di Orvieto, portando spettacoli di alta qualità fuori dai grandi centri urbani. Quest’anno, il Festival esplora il tema della “Metamorfosi”, ispirato a Kafka e ai grandi autori classici da sempre affascinati da questa tematica, e lo riflette in una programmazione multidisciplinare di grande spessore. Come ogni anno, sarà residente al Festival l’Orchestra Vittorio Calamani, recentemente premiata con il Premio Abbiati.
Con quale mission nasce l’Orvieto Festival della Piana del Cavaliere?
L’Orvieto Festival della Piana del Cavaliere nasce con la mission di promuovere e valorizzare la cultura e le arti performative, creando un punto d’incontro tra artisti di fama internazionale e giovani talenti emergenti. Il Festival si propone di offrire al pubblico un programma ricco e variegato, che spazia dalla musica antica alla musica contemporanea, passando per il teatro, la letteratura e le arti visive
Inoltre, il Festival mira a favorire lo scambio culturale e artistico, contribuendo allo sviluppo e alla crescita culturale del territorio della Piana del Cavaliere e di Orvieto. Attraverso concerti, spettacoli, workshop e masterclass, il Festival intende coinvolgere la comunità locale, stimolare la partecipazione del pubblico e promuovere l’educazione artistica e musicale.
Come si è evoluto nel tempo?
Il Festival ha subìto un’evoluzione significativa dalla sua nascita. Inizialmente concepito come un evento locale per celebrare la cultura e le arti performative, è rapidamente cresciuto in portata e prestigio.
Negli anni abbiamo ampliato il nostro programma, includendo non solo musica ma anche letteratura, arti visive e teatro. Abbiamo programmato artisti di fama internazionale e collaborato con importanti istituzioni culturali, aumentando la nostra visibilità e l’attrattiva per il pubblico.
Abbiamo anche lavorato intensamente per coinvolgere la comunità locale, non solo come spettatori, ma anche come partecipanti attivi. Questo ha incluso collaborazioni con scuole, associazioni culturali e gruppi comunitari, rafforzando il legame tra il Festival e il territorio.
La kermesse quest’anno è dedicata al tema “Metamorfosi”, come mai questa scelta?
La scelta del tema “Metamorfosi” per l’edizione di quest’anno dell’Orvieto Festival della Piana del Cavaliere nasce dalla volontà di esplorare il concetto di trasformazione in tutte le sue forme. La metamorfosi rappresenta il cambiamento, la crescita e l’evoluzione, temi universali che hanno sempre affascinato l’umanità e che sono particolarmente rilevanti nel contesto artistico.
Quest’anno abbiamo voluto concentrarci sulla metamorfosi per celebrare il potere dell’arte di trasformare, ispirare e rinnovare. Gli artisti, con le loro opere, sono in grado di mostrare il cambiamento da prospettive uniche, offrendo nuove visioni e interpretazioni della realtà che ci circonda. Inoltre, celebrare il centenario di Franz Kafka ci offre l’opportunità di collegare il nostro programma a un contesto letterario e storico di grande rilevanza. Ogni performance e ogni opera presentata al Festival quest’anno sarà un tributo alla capacità dell’arte di trasformare e rinnovare, rispecchiando il potere delle storie di Kafka di rimanere attuali e significative.
La metamorfosi può essere vista sotto molte luci diverse: dalla trasformazione personale che gli individui attraversano nel corso della vita, ai cambiamenti culturali e sociali che plasmano le nostre comunità. L’arte, in questo senso, è un veicolo potentissimo per raccontare storie di cambiamento, di rinascita e di evoluzione.
Arte, letteratura e musica si intrecciano in un programma sempre più impegnato. Come lo descriverebbe?
Nella nostra concezione della programmazione artistica del Festival, ci siamo sempre posti l’obiettivo di creare un’offerta che, partendo dalla musica, potesse diventare multidisciplinare. Il programma di quest’anno rappresenta un impegno a creare un Festival che sia un momento di dialogo tra diverse forme d’arte, un luogo dove la letteratura, la musica e le arti visive si incontrano e si influenzano reciprocamente, offrendo al pubblico un’esperienza ricca, variegata e profondamente stimolante.
Nello spettacolo “Ladre di sabbia”, partiamo da un fatto di vita reale, trasformata nel testo di Guido Barbieri e nelle immagini di Gabriella Compagnone, il tutto accompagnato dall’Orchestra Filarmonica Calamani.
Il progetto dell’Orchestra di fiati dell’Umbria si basa sulla sostenibilità ambientale: abbiamo commissionato un’opera che affronta questo tema, incorniciata dalla musica di tutte le bande dell’Umbria che abbiamo invitato al Teatro Mancinelli per un momento di incontro e confronto.
Inseriamo sempre una conferenza storico-letteraria nelle nostre programmazioni affinché guardi al tema scelto, in questo caso Metamorfosi, partendo da un altro punto di vista culturale. Il 7 settembre, Bruno Milone, docente di Sociologia all’Istituto Universitario per Mediatori Linguistici di Milano, parlerà delle metamorfosi che hanno segnato l’Europa nella prima parte del secolo scorso.
Un’altra iniziativa particolare è la trascrizione della Sinfonia n. 4 di Mahler e della Sinfonia n. 9 di Beethoven. Questo è un modo per portare a Orvieto due grandissime sinfonie, che altrimenti non potrebbero essere ascoltate nella loro forma originale a causa delle dimensioni troppo grandi degli organici corali e orchestrali. Abbiamo quindi pensato di fare una “metamorfosi” di questi organici, riducendoli e rendendoli compatibili con lo staff che abbiamo, per far ascoltare questi capolavori. Inoltre, quest’anno ricorre il bicentenario della prima esecuzione della Sinfonia n. 9 di Beethoven, un evento che rende questa iniziativa ancora più significativa.
Un Festival che mira a diventare punto di riferimento nel panorama internazionale della musica classica. In che direzione le piacerebbe si muovesse nei prossimi anni?
Mi piacerebbe che il Festival diventasse uno spazio creativo che propone iniziative innovative, capaci di prendere vita e viaggiare nel tempo. Negli anni, in parte siamo riusciti a far questo e vorremmo che lo spirito creativo e propositivo si sviluppasse ancora di più. L’obiettivo è creare un programma che possa diventare un punto di riferimento, puntando sulle nuove creazioni e sulla creatività contemporanea.
È fondamentale anche rafforzare le nostre collaborazioni con orchestre, solisti e festival di prestigio a livello internazionale. Creare dialoghi culturali e artistici ci permetterà di portare artisti di fama mondiale al nostro festival e, al contempo, di dare alla nostra orchestra in residenza l’opportunità di esibirsi con artisti di levatura internazionale. Inoltre, investire nella formazione e nello sviluppo di giovani talenti è cruciale; attraverso masterclass e programmi di approfondimento e crescita con l’orchestra, possiamo sostenere la prossima generazione di musicisti e compositori.
Vogliamo rendere la musica classica accessibile a un pubblico più vasto e diversificato. Programmi educativi, eventi per famiglie e iniziative rivolte ai giovani contribuiranno a coinvolgere diverse fasce di età e background culturale.
L’Orchestra Calamani che ha ricevuto il prestigioso “Premio Abbiati” sarà protagonista con i suoi giovani musicisti professionisti al Festival di Orvieto. Si può dire che sia diventata punto di riferimento locale dato che la Regione Umbria non ha, ad oggi, un’orchestra sinfonica stabile?
Quest’anno l’Orchestra Calamani è stata premiata per il suo talento e impegno con il premio Franco Abbiati, il riconoscimento più prestigioso assegnato ogni anno in Italia nel campo della musica. Per noi è stato un grande onore. In Umbria, la presenza dell’Orchestra Calamani è fondamentale, poiché è l’unica orchestra esistente nella regione. Un’orchestra è essenziale per la capacità di ascolto e d’espressione di un territorio.
In questo senso, possiamo certamente considerare l’Orchestra Calamani come un pilastro della vita musicale regionale, capace di colmare un vuoto significativo e di offrire un contributo prezioso alla cultura musicale umbra. La sua partecipazione al Festival è un segno tangibile di questa crescita e di questo impegno; siamo entusiasti di poterla avere al Teatro Mancinelli e di costruire con essa lo scheletro portante del Festival.